Cosa ci faccio con un resistore

Con questo argomento si entra nel campo della progettazione dei circuiti elettrici: scegliere i componenti e fissarne le caratteristiche per l’acquisto ed il montaggio. Sono possibili le seguenti applicazioni:

1- produrre cadute di tensione

2- fissare l’intensità di corrente in un ramo


3- realizzare ingressi digitali
 utilizzando contatti e interruttori

4- reostati per regolare la corrente in un circuito


5- partitori di tensione e utilizzo di sensori
 analogici

6- potenziometri per regolare la tensione


7- misurare correnti elevate


8- produrre calore
 Per rispondere basta applicare la legge di Ohm.

Premessa1

La maggior parte dei circuiti elettrici sono a tensione imposta, cioè fissata da un generatore che produce un tensione pressoché costante per alimentare di energia elettrica il circuito (es. pile, batterie, rete elettrica ...).

Premessa2

I resistori producono calore per effetto Joule.

Un problema del riscaldamento riguarda lo spreco di energia quando il calore prodotto è calore indesiderato per cui consuma energia inutilmente perchè dissipata nell'ambiente ed economicamente rappresenta una perdita.

Un problema ulteriore del riscaldamento riguarda la temperatura a cui può arrivare il conduttore. Questa temperatura, se elevata, può essere pericolosa perché può danneggiare gli isolanti a suo contatto, produrre ustioni o addirittura produrre condizioni favorevoli all’incendio o all’esplosione.

Tutte le volte che si usa un resistore occorre verificare che ci siano le condizioni per evitare surriscaldamenti.

 

1) Produrre cadute di tensione

R su LViene utilizzato quando si deve alimentare un componente elettrico che funziona a tensione (che è una tensione imposta) inferiore a quella a disposizione.

Si collega in serie al componente.

Esempio di applicazione. Si deve usare una lampadina da 4,5V, 3W avendo a disposizione un generatore da 12V.

Lo schema elettrico prevede una lampadina in serie ad un resistore che deve essere dimensionato per realizzare una caduta di tensione VR=VCC-VL= 12-4,5=7,5V. Si sa che la lampadina alimentata a 4,5V assorbe 3W dal circuito elettrico e quindi si può calcolare la corrente con I=P/V=3/4,5 = 0,667A. Il resistore produce una caduta di tensione di 7,5V con 0,667A se ha una resistenza pari a R=V/I= 7,5/0,667=11,2Ω. Per completare i dati di acquisto occorre calcolare la potenza che il resistore deve poter dissipare Pd=R*I2=11,2*0,6672=4,98W.

Risposta: il resistore deve avere una resistenza di 11,2Ω ed una potenza dissipabile di 5W. Nel caso non si trovassero resistori di quel valore occorrerebbe valutare in che misura un valore differente influirebbe con i funzionamento della lampadina (ma qui diventa un po’ più complesso non conoscendo la caratteristica elettrica della lampadina).

Nota: in questo esempio si osserva che il resistore consuma più potenza della lampadina. In genere questo non è un buon modo di controllare la tensione se le potenze in gioco sono elevate perché il rendimento energetico è bassissimo: il funzionamento avviene cioè con grande spreco di energia.

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2) Fissare la corrente in un ramo

R su LEDViene utilizzato per fissare, o limitare, la corrente in componenti con bassa caduta di tensione di polarizzazione e bassa resistenza come i diodi, i LED, le giunzioni BE dei transistor ...

Questi componenti non possono essere alimentati a tensione imposta bensì vanno alimentati a corrente imposta per stabilizzarne il funzionamento: il resistore fissa di fatto il valore di corrente nel ramo. Si collega in serie al componente.

Esempio di applicazione

Si deve inserire un diodo LED in un circuito alimentato a 5V.

Si sa che i diodi LED producono una caduta di tensione di circa 1,8 a 3,8V a seconda del colore e funzionano con correnti di 10-20mA.

Prendendo per buono un valore di caduta di tensione di 1,8V (LED rossi) si sceglie di far circolare una corrente di 10mA.

La caduta di tensione che si produce sul resistore R, collegato in serie al diodo LED, è VR=Vcc-Vd= 5-1,8=3,2V

per avere una corrente di 10mA ci vuole una R=Vr/I=3,2/0,010=320Ω.

In commercio non ci sono resistori di 320 per cui se ne sceglie uno da 330Ω.

Con un resistore da 330Ω devo calcolare la corrente che circola Ir=Vr/Rr= 3,2/330=0,0097A, cioè 9,7mA che vanno bene.  Il resistore deve dissipare una potenza P=R*I2=330*0,00972=0,031W.

Va quindi bene un resistore da 330Ω, 1/4W.

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3) realizzare ingressi digitali con pull-up e pull-down resistors

Nei circuiti digitali gli ingressi delle porte logiche o dei microcontroller (es. Arduino) vengono comandati da componenti, interruttori e pulsanti, che hanno due posizioni: contatti aperti o contatti chiusi.

Gli interruttori hanno due posizioni stabili mentre i pulsanti hanno una posizione stabile normalmente aperta ed una posizione instabile che viene mantenuta  finchè c’è la pressione del dito (la posizione di riposo, assenza di pressione, è stabile).

Nota i pulsanti possono avere

- un contatto chiuso a riposo (si dice normalmente chiuso) ed aperto sotto pressione oppure

- un contatto aperto a riposo (si dice normalmente aperto) e chiuso sotto pressione

il secondo è il caso normale per i pulsanti usati in elettronica.

Altri dispositivi o sensori usano le proprietà del pulsante per avvertire del raggiungimento di una condizione nuova dell’impianto e provocare gli effetti desiderati con la chiusura del contatto. La posizione ”contatto chiuso” forza il valore in ingresso a quello connesso all’altro contatto: o GND (ground o massa) o V+ (di solito la tensione di alimentazione dei circuiti).

pull-up resistor

La posizione “contatto aperto” lascia l’ingresso ad una tensione che può traballare (float) intorno a valori imprecisabili dipendendo da molti fattori tra cui la resistenza di ingresso della porta e le capacità parassite per cui il comportamento della porta può non essere definito: per questo motivo si deve sempre avere una resistenza che "forza" il valore di ingresso in caso di contatto aperto.


Il primo, a destra, presenta una resistenza di pull-up, dove un resistore è connesso in modo che a contatto aperto, la tensione in ingresso sia prossima a quella di alimentazione (il resistore forza in alto, up, la tensione). Una resistenza forza la tensione di ingresso a spese di una modesto assorbimento di corrente (di solito valori da 10kΩ a 100kΩ vanno benissimo).

Il comportamento logico del circuito a destra corrisponde allo schema seguente:

- a contatto aperto o pulsante rilasciato la tensione VU è VG ed il valore logico è 1 o true

- a contatto chiuso o pulsante premuto la tensione VU è GND ed il valore logico è 0 o false.

 

pull-down resistor

Il collegamento a sinistra, presenta una resistenza di pull-down o push-down, dove un resistore è connesso in modo che a contatto aperto, la tensione in ingresso sia prossima a quella di ground o massa (il resistore forza in basso, down, la tensione).

Il comportamento logico del circuito a sinistra corrisponde allo schema seguente:

- a contatto aperto o pulsante rilasciato la tensione è VU è 0 ed il valore logico è 0 o false

- a contatto chiuso o pulsante premuto la tensione è VU è VG ed il valore logico è 1 o true.

 

 

 

 

 

I due collegamenti si comportano logicamente in modo opposto e bisogna tenerne conto nel software di gestione dell'ingresso.

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4) Regolare la corrente in un circuito: il reostato

Se si vuole regolare la corrente in un ramo, esempio quando si vuole regolare la potenza di una apparecchio elettrico (un utilizzatore U) come una lampada o un motore elettrico ma si dispone di una alimentazione a tensione fissata, può essere utile collegare in serie all'utilizzatore un resistore a resistenza variabile e di potenza adeguata.

La resistenza variabile si ottiene tramite un cursore costituito da un contatto strisciante sul filo elettrico avvolto su un supporto isolante; in questo modo è possibile l’inserimento nel circuito di una parte, detta R1, dell’intera resistenza disponibile RR. Video.reostato

La tensione totale VT si ripartisce fra resistenza R1 e l’utilizzatore U così si riesce a regolare la potenza dell’utilizzatore.

Il reostato è usato per avviare motori elettrici o per controllare la velocità di veicoli elettrici o per variare la potenza luminosa di lampade quando le si vuole accendere o spegnere con gradualità.

Il rendimento energetico della regolazione di potenza con uso del reostato è basso e si deve smaltire molto calore. L’uso di un reostato è economicamente non conveniente, diventa accettabile se la regolazione avviene per brevi intervalli di tempo come nell’avviamento dei motori elettrici o nella fase di accensione e spegnimento dell’illuminazione di una sala (dimmer).

La regolazione della velocità di tram e treni avveniva con l’uso di un reostato. Per la regolazione efficiente della potenza oggi si usano apparecchiature elettroniche on-off o a PWM (detti chopper).

Vedi anche Reostati e potenziometri.

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5) partitoreVIl partitore di tensione ed i sensori

Si tratta di due resistori collegati in serie alimentati da una sorgente di tensione VG.

AI capi di uno dei resistori si presenta una tensione ridotta VU proporzionale a VG secondo un rapporto costante definito dal valore ohmico dei due resistori:

VU=VG*R2/(R1+R2).

Il rapporto R2/(R1+R2) si chiama rapporto di partizione o rapporto di riduzione edipende solo dal valore delle due resistenze.

Negli impieghi di elettronica, VG è la tensione fornita da un circuito in ingresso e VU è la tensione di uscita, di valore ridotto rispetto alla VG, che viene applicata al circuito successivo.

Il patitore di tensione viene usato quando si vuole disporre di una tensione ridotta della sorgente di una quantità definita e costante, quindi proporzionale alla sorgente.

Se la VG è variabile, come nel caso di un segnale elettrico prodotto da un microfono, la VU è anch'essa variabile nel senso che i valori di tensione sono tutti ridotti nella stessa proporzione ripetto alla VG. 

Il partitore di tensione non modifica la forma della tensione di ingresso, la riduce soltanto (come dire che non produce distorsione)

Nota: in R2 va considerata anche la R di un eventuale carico aggiunto che viene a trovarsi in parallelo a R2. Se il circuito successivo non assorbe corrente il rapporto di riduzione dipende solo dal partitore e coincide con l’espressione di cui sopra.

Applicazioni del partitore all’uso di sensori.

Alcuni componenti elettronici hanno una resistenza elettrica di valore variabile che dipende da qualche grandezza fisica non elettrica: sono dei trasduttori che vengono usati come sensori.

Un potenziometro rotante, come quello usato per regolare il volume di un amplificatore, può essere considerato un sensore di posizione angolare perché la Vu dipende dalla posizione del cursore.

Lo stesso vale per un potenziometro lineare, in questo caso la tensione Vu dipende dalla posizione del cursore lungo una linea retta; il potenziometro lineare può essere usato come sensore di posizione.

Un termistore ha una resistenza che dipende dalla temperatura: se la resistenza diminuisce all’aumentare della temperature si tratta di un NTC (Negative Temperature Coefficient) mentre, se la resistenza aumenta all’aumentare della temperatura, è un PTC. Ponendo il termistore al posto dell R1 o della R2 si avrà una tensione che dipende dalla temperatura.

Un fotoresistore (LDR, Light Dependent Resistor) ha una resistenza che dipende dalla luce incidente sul sensore.

Per utilizzare questi componenti come sensori in ingresso di un circuito elettronico, occorre inserirli come parti di un partitore di tensione al posto di R1 o, con effetti opposti, al posto di R2

In questo modo la grandezza fisica influenza la VU producendo effetti elettrici a partire da fattori fisici non elettrici come posizione, rotazione angolare, temperatura, luce ...

Quando si deve tarare il comportamento di un sensore, si usa un trimmer che è utilizzabile come resistore con valore di resistenza modificabile una tantum con uso di un cacciavite.

Nota: Lo schema del pull-up resistor può essere visto come un partitore dove la R2 assume valori estremi: 0 se il contatto è chiuso e infinitamente grande (diciamo 100MΩ) se il contatto è aperto. Lo schema del pull-down resistor può essere visto come un partitore dove R1 è di valore 0 se il contatto è chiuso e di valore infinitamente grande (100MΩ) se il contatto è aperto.

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6) Regolare la tensione in un circuito: il potenziometro

potenziometroI potenziometri sono dei partitori di tensione provvisti di un contatto strisciante. Questo consente di modificare la tensione VU del partitore agendo sulla posizione del contatto strisciante.

Con lo spostarsi del cursore dall’alto verso il basso si hanno valori di R1 crescenti e valori di R2 decrescenti: la tensione VU dipende dalla posizione del cursore secondo l'espressione

VU=VG*R2/(R1+R2)

Il potenziometro viene quindi utilizzato per ottenere tensioni ridotte in uscita che seguono la tensione in ingresso con un rapporto definito e modificabile a piacere dal manovratore che sposta il cursore.

Si usano per correnti in uscita minime o nulle e vanno bene nei circuiti elettronici come per i regolatori di volume e di tono negli amplificatori e per realizzare sensori di posizione lineare od angolare.

Esistono potenziometri lineari o logaritmici a seconda che il valore di R2 vari in proporzione diretta con la posizione o in relazione al logaritmo della posizione.

Il trimmer è di fatto un potenziometro regolabile solo che è costruito per effettuare la regolazione una tantum quando, per esempio, se ne serve per modificare i valori di soglia del trigger nella messa a punto di sensori oppure quando il valore del resistore da mettere in serie al sensore deve essere aggiustato per adattarlo al valore ohmico dello specifico componente utilizzato.

Vedi anche Reostati e potenziometri.

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7) misurare intensità di corrente

shuntDato che un resistore produce una caduta di tensione proporzionale all’intensità di corrente si può inserire un resistore in serie ad un apparecchiatura per misurarne la corrente misurando la tensione ai suoi capi, infatti:

I=VS/RS

Per non influire sul funzionamento del circuito questi resistori devono essere di bassissimo valore ohmico. Gli amperometri elettronici misurano la corrente proprio in questo modo: misurando la tensione ai capi di un resistore posto in serie e riscrivendo la scala dello strumento in termini di correnti sulla base della legge di Ohm.

Talvolta questo resistore viene detto derivatore o shunt come accade quando si devono misurare correnti molto elevate in corrente continua, si parla di centinaia di Ampere, collegandolo in parallelo ad un amperometro.

Nota: in corrente alternata per misurare correnti molto elevate sono più convenienti i TA (Trasformatori Amperometrici) che per giunta consentono di separare lo strumento dal circuito sotto misura che può essere ad alta tensione.

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8) Produrre calore

resistore2Il resistore è un elemento produttore di calore molto semplice da fabbricare e da controllare e pertanto lo si impiega nelle stufe, nei forni, nei forni domestici, nei boiler elettrici, nei ferri per stirare, nell’asciugacapelli: devono avere caratteristiche di sicurezza sufficienti perché non devono consentire tensioni di contatto pericolose anche se sono molto caldi e non devono produrre sovratemperature pericolose.

Si conoscono di solito la tensione di alimentazione e la potenza termica necessaria e li si collega direttamente alla linea per produrre calore.

Se il calore da produrre deve essere modulato in modo da regolare la temperatura occorre inserire un dispositivo di regolazione: questo avvine in molti apparecchi elettrodomestici come il forno o il ferro da stiro o il boiler elettrico.

Questo dispositivo di regolazione è spesso una lamina bimetallica che apre e chiude il circuito in modo che la temperatura si mantenga intorno al valore desiderato; non è preciso ma è molto robusto ed economico.

Esempio di applicazione

Un forno deve produrre una potenza termica di 2500W a 220V.

In questo caso molto semplice il valore della resistenza si calcola così: R=V2/P=2202/2500=19.4Ω. Si costruiscono con un involucro isolato e resistente alle alte temperature e la parte esterna, metallica, viene messa a terra (resistori corazzati).

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